Hack-O-Lantern (1988)
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Il blog originale nasce nel 2010 con "L'Osceno Desiderio", ma ho scritto anche per Horror.it, Malastrana VHS, Malastrana Magazine, Le Recensioni di Robydick e altre testate. Questo blog è una sorta di "Greatest Hits" al contrario con un sacco di robaccia su Euro Crime, Spaghetti Western, Exploitation e Horror che ho scritto negli ultimi quindici anni. Leggete a vostro rischio e pericolo.
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Se siete rimasti inorriditi dall'annuncio del remake di Carrie, possiamo dire che nemmeno durante il decennio principe i produttori rimasero con le mani in mano. Già nel 1978 il vecchio Brice Mack (proprio lui, quello di Rooster: Spurs of Death, 1983 con Vince Van Patten e Kristine DeBell) tirò fuori dal cilindro questo Jennifer, che proprio con molta pazienza potremmo definire una pellicola "ispirata" al film di De Palma, piuttosto che una spudorata scopiazzatura.
Dunque, Jennifer Baylor è una ragazza semplice e studiosa che frequenta una prestigiosa scuola privata nonostante non sia figlia di un uomo facoltoso. Anzi, il padre è un alcolizzato con fissazioni bibliche che gestisce un negozio di animali (Jeff Corey, carriera sterminata, presente in tutte, ma dico tutte, le più importante e famose serie TV statunitensi per tacere di pellicole quali Il Grinta, L'Altra Faccia del Pianete delle Scimmie, e Butch Cassidy, si potrebbe andare avanti per ore); la dolce studentessa (interpretata da Lisa Pelikan, bella rossa con carriera di tutto rispetto, da queste parti la citiamo in Lionheart e Ghoulies per ovvi motivi) ben presto si aliena le simpatie della ragazza più in vista della scuola, Sandra Tremayne (Amy Johnston) bugiarda e puttana, figlia di un senatore.
Naturalmente inizia la rappresaglia: Jennifer comincia ad essere offesa, umiliata e minacciata fisicamente dalla psicolabile compagna e dalla di lei cricca di fedelissime leccaculo. Tuttavia le ragazzine non hanno fatto i conti con i poteri psichici di Jennifer che le permettono di aver il controllo mentale sui serpenti. La terribile Sandra tenta di far espellere Jenny, la fotografa nuda per poi appendere le foto sugli armadietti, le ammazza il gattino e arriva a far violentare la cicciottella del gruppo rea di essersi ribellata alla sua dittatura.
Nel finale Jennifer finalmente s'incazza di brutto e scatena serpenti giganti contro i cattivi. Ma nel senso di serpenti giganti, ciclopici che agguantano e si inghiottono i bulli e che sbucano fuori improvvisamente dal sedile posteriore delle automobili. L'andamento sostanzialmente realistico della vicenda subisce così una decisa sterzata verso la psichedelia spiccia con rossi e blu ad illuminare la scena e, soprattutto, la figura della protagonista, in vestaglia bianca, capelli cotonati e sguardo allucinato e compiaciuto a contemplare la propria vittoria. La tristezza e la disperazione di Carrie se ne vanno beatamente a remengo, vero, ma ciò che importa, in questo ambito, è il registro esploitativo, financo cartoonesco (sia Mack che il produttore Steve Krantz, collaboratore Ralph Bakshi, erano professionisti nel campo dell'animazione) imposto alla pellicola. Che l'amante di chincaglierie seventies non potrà non apprezzare almeno un poco, anche per via di un sottotesto ironico e beffardo esplicitato pure nel gran finale, in cui i "cattivi occulti", coloro che hanno insabbiato le malefatte dei ricchi e potenti, vengono puniti.
Da riscoprire in ogni caso. Jennifer a parte i bootleg, era disponibile solo nella vecchia, cara, insostituibile VHS Vestron Video, NTSC del 1984, fino alla meritoria opera di recupero eseguita dalla Kino Lorber con il Blu-ray (e DVD) edito nel 2014, aspect ratio 1.85:1. C'è anche il grande Bert Convy, ottimo caratterista attivo negli anni settanta e ottanta, scomparso a soli 57 anni il 15 luglio del 1991.
Originariamente pubblicato su "Malastrana VHS" il 27/10/2012.
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Un bellissimo horror iberico (almeno bellissimo per me) di grande atmosfera, perfetto per il mese di ottobre.
Pochissimi film riescono ad essere impregnati da un senso tangibile di morte dal primo all'ultimo fotogramma. La Campana del Infierno (in Italia A Due Passi da... l'inferno) è uno di questi. E' anche il testamento registico di Claudio Guerín Hill che, il 24 febbraio 1973, si lanciò nel vuoto dal campanile della chiesa di San Martin a Noya durante l'ultimo giorno di riprese, portato poi a termine da Juan Antonio Bardem (L'altra casa ai margini del bosco [1973]).
Guerín Hill aveva 33 anni e una carriera già avviata (Un Solo Grande Amore [1972] con Lucia Bosè e Ornella Muti). Misteriosi rimangono i motivi che lo spinsero a compiere quel gesto; si parla di una maledizione legata all'antica costruzione, ma queste supposizioni lasciano sempre il tempo che trovano. Ci sono dei documentari in rete che parlano della sciagura , se volete. La pellicola di Guerín in ogni caso, e quindi a dispetto della fama di film sfortunato e maledetto, un posto d'onore nella cinematografia spagnola se lo guadagna senza meno. La tragica storia alle sue spalle potrebbe sembrare più interessante dell'opera stessa, non fosse per il fatto che ci troviamo di fronte ad una delle più deliranti storie di vendetta apparse sugli schermi settanteschi. Juan (Renaud Verley) viene dimesso da una clinica psichiatrica; ritorna a vivere con la zia Marta (una grande Viveca Lindfors) e le tre cugine colpevoli di averlo fatto internare. Lentamente la follia e la violenza esigono la loro quota di sangue e i labili confini della "normalità" diventano sempre più sottili, tanto che si fatica a capire chi siano le reali vittime della vicenda. E' difficile spiegare a parole l'atmosfera sepolcrale che si respira nel film di Guerín Hill ; ogni singola scena sembra emanare un senso di disagio che raggiunge il suo zenith nella visione del campanile e nei rintocchi della campana del titolo, allegoria della morte tanto semplice quanto agghiacciante. Non c'è speranza né redenzione, gli esseri umani valgono quanto i quarti di bue appesi ai ganci del mattatoio in cui lavora Juan.
La sceneggiatura di Santiago Moncada, grande firma del cinema iberico (il western Condenados a vivir [1972] di Joaquin Luis Romero Marchent con Robert Hundar ed Emma Cohen, fortemente virato verso l'horror) e le splendide interpretazioni di Renaud Verley (Il Caso Venere Privata [1970] di Yves Boisset, da Scerbanenco, La Caduta Degli Dei [1969] di Luchino Visconti) e Viveca Lindfors, che non ha o almeno non avrebbe bisogno di presentazione alcuna, garantiscono una elevata quota di follia e drammaticità, per cui la sensazione di trovarsi di fronte ad una delle opere più oscure, cupe, nichiliste degli anni settanta si fa certezza. Un pozzo nero.
Da vedere ad ogni costo. Dvd della Pathfinder del 2005, NTSC, anamorphic widescreen, mancante di alcune scene e dialoghi per un totale di due minuti, nella parte centrale, dalla scena di ballo tra Juan/John ed Esther e nel dialogo in giardino immediatamente successivo.
Originariamente pubblicato il 7 maggio 2012 su "Le Recensioni di Robydick".
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Comincia bene, molto bene questo Humongous di Paul Lynch. Atmosfera idilliaca e musica rétro. Una festa su un'isola infarcita di romanticume. Non può che finire male. Labour Day, anno di grazia 1946. La giovane Ida Parsons (Shay Garner) è fuori, lontano dai festeggiamenti. Vuole rimanere vicino al recinto dove sono custoditi i suoi amati cani. Ad un certo punto arriva un uomo, ubriaco (Page Fletcher). Le offre da bere, lei rifiuta. Lui insiste ed allora Ida fugge. L'ubriaco, Tom Rice, la raggiunge e comincia a maltrattarla, rinfacciandole di essere una smorfiosa, stupida figlia di papà. La getta a terra e le strappa i vestiti. Lynch non mostra quasi nulla, ma la scena è efficace, giocata com'è tutta su i primi piani dello stupratore e le riprese alternate dei cani inferociti che tentano di scavalcare il recinto. La violenza termina, la macchina da presa rimane fissa sul volto dell'assalitore, con le urla disperate di Ida in sottofondo. Nel frattempo, uno dei cani, un pastore tedesco, riesce ad uscire dalla gabbia ed assale Tom Rice, massacrandolo sotto gli occhi di Ida, che lo finisce con un pezzo di legno mentre l'uomo rantola con il sangue alla bocca.
Il resto è facilmente riassumibile. Siamo in pieno attacco dei cloni jasoniani e da qualche parte il buon Lynch deve andare pur a parare. Dopo gli ottimi ed evocativi titoli di testa (che mostrano le foto di Ida con la famiglia e i suoi cani) la pellicola fa un salto di 36 anni e si concentra su di un gruppo di giovani in viaggio su una barca. Naturalmente, l'imbarcazione esploderà proprio in prossimità dell'isola dove Ida abitava con il padre. I giovani naufraghi si ritroveranno braccati da un gigante demente (frutto ovviamente della violenza subita da Ida) malato di acromegalia che farà strage di (quasi) tutti i giovani.
Si respira aria di Venerdì 13, ma anche e soprattutto del non dimenticato Antropophagus di Massaccesi; certo dove Aristide calca(va) la mano sul morboso e il malsano, Lynch risolve concentrandosi sull'atmosfera minacciosa e su qualche programmatico spavento telefonato, vedi i vari cadaveri ritrovati dai ragazzi, il che non è necessariamente un male, ma rischia di far "sedere" la pellicola e renderla monocorde anzichenò. Difetti riscontrabili in una valanga di slasher coevi. Del resto il vecchio Lynch (Paul, che gli appassionati conosceranno senza meno, essendo pure il regista di un cult più o meno riconosciuto come Prom Night) non è che sia mai stato un talentaccio, ma, come si usa dire, "un onesto artigiano di genere", per taluni un complimento, per altri un marchio di infamia. Humongous, per chi scrive, rimane la sua opera migliore (insieme a Bullies, [1986] solido rape and revenge) cupa e dotata di una vena malinconica che di solito non ci si aspetterebbe da un prodotto di questo tipo. Gli amanti dello slasher comunque potranno apprezzare, almeno per spirito filologico, gli altri, credo proprio di no.
Le copie disponibili prima del DVD Scorpion per la serie Katarina's Nightmare Theater, NTSC, All Region, ratio 1.77:1, risultavano troppo "scure" per cui il nuovo transfer rende finalmente giustizia (più o meno) al lavoro del direttore della fotografia Brian R.R. Hebb e restituisce la versione uncut della pellicola con la scena dello stupro integra. Il recente Blu-ray Scorpion Releasing del 2017, Region A-B, 1.85:1 chiude il cerchio offrendo forse la versione definitiva del film di Lynch con i due cut della pellicola Theatrical Cut (92:33) e Unrated Cut (93:42) e una qualità audio/video certo non perfetta (a causa della diversa provenienza delle fonti) ma comunque accettabile, almeno per il sottoscritto che apprezza molto il parto di Lynch.
Extra del Blu-ray SR:
"Katarina's Nightmare Theater" (3:49) with Katarina Leigh Waters
Commentary features Paul Lynch and William Gray
Interview (21:37) with David Wallace
Theatrical Trailer (1:14)
Thanks to DVD Talk
Originariamente pubblicato il 14/07/2012 su "Le Recensioni di Robydick"
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