sabato 30 ottobre 2021

Hack-O-Lantern (1988)



Questa è la prima recensione che scrissi per "Malastrana VHS" del grande Andrea "Keoma" Lanza, che non vedo da una vita, per colpa mia, ma che rimane sempre un grande amico e uno dei pochi a capire realmente cosa sia il "lepre" fulciano.

Terribile horror proveniente dal sottobosco americano di fine anni ottanta. Hy Pyke interpreta il ruolo di un nonno non proprio sano di mente. Anzi. Il nonnino è un adepto di Satana in persona che vuole arruolare il nipotino Tommy nelle fila della sua personale setta diabolica di contea. Quindi che fa, prima di tutto regala un bel pentacolo al ragazzo, poi ne uccide il padre a martellate la notte di Halloween e infine riduce la povera madre a vivere in un clima di terrore. Salto temporale di alcuni anni. Tommy (Gregory Scott Cummings, una valanga di piccole parti nei serial TV, Baywatch compreso) è diventato grande. E' diventato pure un brutto ceffo. Il nonno vuole che il giovane entri nella setta in pianta stabile. Cominciano gli omicidi, compiuti da un misterioso uomo travestito da diavolo con tanto di forcone. Chi sarà mai? Diciamo che il film parte abbastanza bene. Questo possiamo concederglielo. Il fatto è che dopo deraglia di brutto. Ma veramente di brutto.

Mundhra è un maestro nel rendere il film inguardabile; le scene di omicidio sembrano girate al contrario, gli effetti speciali sono cialtronissimi e la scena del ballo renderebbe orgoglioso Al Adamson. Indifendibile dal punto di vista tecnico, l'operina ha però dalla sua la verve del vecchio Hy Pyke, attore dalla carriera altalenante (anzi possiamo pure dire costellata da alti e bassi paurosi, visto che il nostro prese parte a Blade Runner) protagonista della scena migliore del film, quella in cui, provvisto di uno spettacolare parrucchino, tenta di sedurre la madre di Tommy proprio il giorno delle nozze. Una scena del genere non ha prezzo. Da vedere assolutamente. Detto questo, gli appassionati di questo tipo di brutture sono avvisati. Gli altri no. Incredibile a dirsi, ma Jag Mundhra ha continuato a lavorare fino al 2011 ( anno della sua scomparsa) nel mare magnum dei direct to video, regalandoci pure un Nikita terzomondista intitolato Natasha (2007).

Il film di Mundhra è approdato su VHS Multivision con il titolo La Maschera della Morte, con doppiaggio cagnesco e totale assenza dei rumori di fondo as usual, mentre conservo un buon ricordo della versione originale su label Legacy Entertainment, rated R, PB 57832, Full Frame e con audio di poco migliore della versione italiana. Combo Blu-ray/DVD del 2017 a cura della Massacre Video, 1.78:1, New 2K restoration from the original camera negative, e una bella mole di extra.

Originariamente pubblicato su "Malastrana VHS" il 06/09/2012.

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venerdì 29 ottobre 2021

Jennifer (1978)



Una sfacciata copia di "Carrie", ma gli amanti di stranezze anni settanta non se lo lascino scappare.

Se siete rimasti inorriditi dall'annuncio del remake di Carrie, possiamo dire che nemmeno durante il decennio principe i produttori rimasero con le mani in mano. Già nel 1978 il vecchio Brice Mack (proprio lui, quello di Rooster: Spurs of Death, 1983 con Vince Van Patten e Kristine DeBell) tirò fuori dal cilindro questo Jennifer, che proprio con molta pazienza potremmo definire una pellicola "ispirata" al film di De Palma, piuttosto che una spudorata scopiazzatura. 

Dunque, Jennifer Baylor è una ragazza semplice e studiosa che frequenta una prestigiosa scuola privata nonostante non sia figlia di un uomo facoltoso. Anzi, il padre è un alcolizzato con fissazioni bibliche che gestisce un negozio di animali (Jeff Corey, carriera sterminata, presente in tutte, ma dico tutte, le più importante e famose serie TV statunitensi per tacere di pellicole quali Il Grinta, L'Altra Faccia del Pianete delle Scimmie, e Butch Cassidy, si potrebbe andare avanti per ore); la dolce studentessa (interpretata da Lisa Pelikan, bella rossa con carriera di tutto rispetto, da queste parti la citiamo in Lionheart e Ghoulies per ovvi motivi) ben presto si aliena le simpatie della ragazza più in vista della scuola, Sandra Tremayne (Amy Johnston) bugiarda e puttana, figlia di un senatore.

Naturalmente inizia la rappresaglia: Jennifer comincia ad essere offesa, umiliata e minacciata fisicamente dalla psicolabile compagna e dalla di lei cricca di fedelissime leccaculo. Tuttavia le ragazzine non hanno fatto i conti con i poteri psichici di Jennifer che le permettono di aver il controllo mentale sui serpenti. La terribile Sandra tenta di far espellere Jenny, la fotografa nuda per poi appendere le foto sugli armadietti, le ammazza il gattino e arriva a far violentare la cicciottella del gruppo rea di essersi ribellata alla sua dittatura.

Nel finale Jennifer finalmente s'incazza di brutto e scatena serpenti giganti contro i cattivi. Ma nel senso di serpenti giganti, ciclopici che agguantano e si inghiottono i bulli e che sbucano fuori improvvisamente dal sedile posteriore delle automobili. L'andamento sostanzialmente realistico della vicenda subisce così una decisa sterzata verso la psichedelia spiccia con rossi e blu ad illuminare la scena e, soprattutto, la figura della protagonista, in vestaglia bianca, capelli cotonati e sguardo allucinato e compiaciuto a contemplare la propria vittoria. La tristezza e la disperazione di Carrie se ne vanno beatamente a remengo, vero, ma ciò che importa, in questo ambito, è il registro esploitativo, financo cartoonesco (sia Mack che il produttore Steve Krantz, collaboratore Ralph Bakshi, erano professionisti nel campo dell'animazione) imposto alla pellicola. Che l'amante di chincaglierie seventies non potrà non apprezzare almeno un poco, anche per via di un sottotesto ironico e beffardo esplicitato pure nel gran finale, in cui i "cattivi occulti", coloro che hanno insabbiato le malefatte dei ricchi e potenti, vengono puniti. 

Da riscoprire in ogni caso. Jennifer  a parte i bootleg, era  disponibile solo nella vecchia, cara, insostituibile VHS Vestron Video, NTSC del 1984, fino alla meritoria opera di recupero eseguita dalla Kino Lorber con il Blu-ray (e DVD) edito nel 2014, aspect ratio 1.85:1.  C'è anche il grande Bert Convy, ottimo caratterista attivo negli anni settanta e ottanta, scomparso a soli 57 anni il 15 luglio del 1991.

Originariamente pubblicato su "Malastrana VHS" il 27/10/2012.

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giovedì 28 ottobre 2021

The Sender (1982)


Grande horror del 1982.

Dalla cesta dei piccoli cult dei primi ottanta, tiriamo fuori un pregevole horror lontano dalla febbre slasher dilagante in quel periodo storico. Diciamo pure che Roger Christian non era il primo arrivato, avendo già vinto un Oscar come set decorator in Star Wars (1977) e partecipato alla realizzazione delle scenografie di Alien

Quindi un professionista già lanciato nel mainstream alle prese con uno script di Thomas Baum  in cui si raccontano le vicende di un ragazzo che tenta di annegarsi (lo splendido incipit) e che viene, per questo motivo, internato in un istituto di igiene mentale; qui gli viene assegnata una psichiatra che ha il compito di capire che cosa sia accaduto a quest'anima tormentata. La dottoressa non sa che il giovane è in grado di materializzare i propri incubi. Comincia così una discesa nella follia che si placherà soltanto scavando a fondo nel passato del ragazzo, succubo della madre. Ma il lieto fine non è assicurato.

L'opera di Christian è molto meno datata di come ci si aspetti. Le visioni di John Doe (non si conosce l'identità del protagonista) sono risolte con effetti speciali semplici ma efficaci, non troppo ridicoli da inficiare la visione della pellicola; e già questa è una cosa buona. Se poi aggiungiamo un'atmosfera cupa e malinconica che non abbandona lo spettatore per tutto il metraggio, la favorevole impressione iniziale si tramuta in pura ammirazione. Un buon risultato quindi, ottenuto amalgamando doti tecniche non comuni (splendide fotografia e colonna sonora, ad opera rispettivamente di Roger Pratt e Trevor Jones) e un reparto attori piuttosto affiatato: un giovanissimo Zeljko Ivanek e, soprattutto, una magnifica Kathryn Harrold, brava e bella, che non concede al pubblico più di una fugace scosciata, rendendosi così ancora più arrapante. Ma stiamo divagando. The Sender fa parte di quella genia di pellicole che nei primi anni ottanta seppero ritagliarsi un loro posto in una cinematografia pregna di capolavori poi divenuti imprescindibili; una perla rara che, pur non essendo conosciutissima dal grande pubblico, è in grado di esibire una visione di genere cupa, ambigua e assolutamente non accomodante. Finito il pistolotto.  Il regista di questo gioiellino ha poi sfornato delle cose come Starship/Lorca and the Outlaws, Mastermind e Battaglia per  la Terra. Il film è approdato in Italia su VHS CIC VIDEO con il titolo Il Messaggero della Morte. DVD della Legend Film del 2008 NTSC, Region 1, ratio 1.77:1 e recenti Blu-ray Olive Films e Arrow, ratio 1.78:1, 1080p HD Transfer.

Originariamente pubblicato su "Le Recensioni di Robydick" il 05/05/2012.

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mercoledì 27 ottobre 2021

Shock Waves (1977)

 



"Zombi nazisti in cerca di prede umane!", un grande horror per gli amanti dei morti viventi in uniforme.

'Once They Were Almost Human!' strilla la tagline di questo misconosciuto horror, esordio di Ken Wiederhorn alla regia. Film che apprezzo ancora oggi. Povero ma inquietante. Nel senso che con pochi dollari il vecchio Wiederhorn costruisce un'atmosfera di morte e disfacimento realmente palpabile. Non è poco. 

Una piccola imbarcazione guidata dal vecchio lupo di mare John Carradine si ritrova in panne nelle vicinanze di una misteriosa isola tropicale e di un ancor più misterioso cargo che pare nascondere un terribile segreto. Una volta sceso a terra, il gruppo guidato dal giovane Keith (Luke Halpin, proprio lui, il Sandy Ricks di  Flipper  che bazzicò per alcune produzione italiane durante gli anni ottanta ) scopre l'esistenza di un vecchio castello abbandonato dove l'unico segno di vita sembra essere un acquario. In realtà, qualcuno c'è sull'isola. E non è solo. Il vecchio Comandante delle SS Peter Cushing, autoesiliatosi dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, è a capo di un commando di soldati tedeschi "né vivi né morti", implacabili, quasi invincibili, impiegati contro gli alleati durante la guerra (nel prologo una voce fuoricampo da cinegiornale narra l'esistenza di questo famigerato plotone di nazisti combattenti a mani nude) che fuoriescono dal gigantesco cargo arenatosi anni e anni prima. Per i poveri naufraghi, non ci sarà scampo. 

Molto bello questo Shock Waves (in Italia L'Occhio nel Triangolo). Rispetto a produzioni coeve risulta quasi un film di stampo classico. Sempre di exploitation si tratta, ma l'atmosfera da "fine del mondo" già avvenuta si respira a pieni polmoni nel parto di Wiederhorn. Sarà perché i nazisti-zombi che escono dalle acque in formazione da combattimento, lenti, inesorabili è ancora sequenza che provoca una certa inquietudine; sarà perché il film è girato pressoché tutto di giorno, con pochissime scene notturne, sarà per la totale assenza di frattaglie che aggiunge un'atmosfera rétro al tutto, ma ho sempre pensato che un posto d'onore nella nicchia dei film cultuali degli anni settanta questo Shock Waves se la ritaglia senza meno. Proprio perché si capisce subito che per i vacanzieri della middle class U.S.A non ci potrà essere salvezza alcuna. Per i soldati morti/non morti, semplicemente la guerra non è mai finita e pure il loro Comandante non potrà essere risparmiato (un grande, ma che ve lo dico a fare, grande Peter Cushing, invecchiato ed emaciato quasi come una vittima dei campi di concentramento). Ecco, Wiederhorn non inventa nulla (il riferimento agli zombi SS era già presente in Revenge of the Zombie, 1943 di Steve Sekely sempre con Carradine) ma riesce a creare un universo cupo e mortifero semplicemente riprendendo qualche scorcio d'isola e uno sparuto gruppo (gli attori/zombi erano in realtà solo otto) di uomini in divisa. 

Tecnicamente, la pellicola, girata in 16mm in 35 giorni, è ineccepibile, tenuto conto del budget miserrimo. Ottima fotografia naturalistica di Reuben Trane, con riprese subacquee degli zombie ritornanti dal fondale effettuate da Irving Pare  e scenografia impeccabile di Jessica Sack (il "castello" di Cushing era in realtà il vecchio Biltmore Hotel in Florida, una struttura in disuso che Wiederhorn affittò per la modica cifra di 250 dollari) molto brava nel trasformare le locations di Coral Gables e Palm Beach, Florida in un cimitero a cielo aperto. I detrattori della pellicola del buon Wiederhorn (altro tipo strano, poi si cimenterà con lo sfortunato Eyes of a Stranger (1981), massacrato dai tagli, in Return of the Living Dead Part 2 (1988), sbertucciato a destra e sinistra ma non così ignobile come sequel/remake parodistico del capolavoro di O'Bannon, financo Meatballs 2, proseguendo poi in ambito prettamente televisivo con Freddy's Nightmare, 21 Jump Street e Dark Justice) lamentano un ritmo blando e soporifero; ok, tuttavia credo che l'andamento ben poco adrenalinico sia valore aggiunto e non un difetto, atto a creare un senso di attesa e claustrofobia supportato pure dalla musica plumbea e opprimente di Richard Einhorn, il cui sintetizzatore calza come un pedalino alle immagini di Wiederhorn. Ultimo, ma non ultimo, il make-up degli zombi-nazisti creato dal grande Alan Ormsby (che non ha, o almeno non avrebbe, nessun bisogno di presentazioni, compare di Bob Clark e regista con Jeff Gillen di Deranged, tra le altre cose, pure la sfortunata esperienza di Popcorn, 1991).

 Da vedere assolutamente, se non altro perché avere in cartellone Carradine e Cushing,  presenti sul set per un totale di quattro giorni a testa dietro compenso di 5.000 dollari ciascuno, è sempre cosa gradita agli appassionati e amanti del genere. C'è anche la Brooke Adams di The Dead Zone. Distribuito dalla Joseph Brennen Associates Inc. spesso in double bill con il Tentacoli di Ovidio Assonitiis. Il DVD Alan Young Pictures, presenta delle sequenze in lingua originale (prologo compreso) che però sono presenti doppiate nella VHS ex-noleggio Lineafilm. Il negativo originale perduto è stato rimpiazzato da una copia di proprietà dello stesso Wiederhorn.

Il 25 novembre 2014, la Blue Underground ha finalmente distribuito una ottima versione in Blu-ray del film di Wiederhorn, 1.85:1, Widescreen, 1080p HD resolution con una buona dose di extra, audio commento con Alan Orsmby, Fred Olen Ray e lo stesso Wiederhorn, interviste a Luke Halpin, Brooke Adams, Reuben Trane e Richard Einhorn più trailer e spot vari. 

Originariamente pubblicato su "Le Recensioni di Robydick" il 9/03/2012.

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venerdì 15 ottobre 2021

La Campana del Infierno (1973)



Un bellissimo horror iberico (almeno bellissimo per me) di grande atmosfera, perfetto per il mese di ottobre.

Pochissimi film riescono ad essere impregnati da un senso tangibile di morte dal primo all'ultimo fotogramma. La Campana del Infierno (in Italia A Due Passi da... l'inferno) è uno di questi. E' anche il testamento registico di Claudio Guerín Hill che, il 24 febbraio 1973, si lanciò nel vuoto dal campanile della chiesa di San Martin a Noya durante l'ultimo giorno di riprese, portato poi a termine da Juan Antonio Bardem (L'altra casa ai margini del bosco [1973]).

Guerín Hill aveva 33 anni e una carriera già avviata (Un Solo Grande Amore [1972] con Lucia Bosè e Ornella Muti). Misteriosi rimangono i motivi che lo spinsero a compiere quel gesto; si parla di una maledizione legata all'antica costruzione, ma queste supposizioni lasciano sempre il tempo che trovano. Ci sono dei documentari in rete che parlano della sciagura , se volete. La pellicola di Guerín  in ogni caso, e quindi a dispetto della fama di film sfortunato e maledetto, un posto d'onore nella cinematografia spagnola se lo guadagna senza meno. La tragica storia alle sue spalle potrebbe sembrare più interessante dell'opera stessa, non fosse per il fatto che ci troviamo di fronte ad una delle più deliranti storie di vendetta apparse sugli schermi settanteschi. Juan (Renaud Verley) viene dimesso da una clinica psichiatrica; ritorna a vivere con la zia Marta (una grande Viveca Lindfors) e le tre cugine colpevoli di averlo fatto internare. Lentamente la follia e la violenza esigono la loro quota di sangue e i labili confini della "normalità" diventano sempre più sottili, tanto che si fatica a capire chi siano le reali vittime della vicenda. E' difficile spiegare a parole l'atmosfera sepolcrale che si respira nel film di Guerín Hill ; ogni singola scena sembra emanare un senso di disagio che raggiunge il suo zenith nella visione del campanile e nei rintocchi della campana del titolo, allegoria della morte tanto semplice quanto agghiacciante. Non c'è speranza né redenzione, gli esseri umani valgono quanto i quarti di bue appesi ai ganci del mattatoio in cui lavora Juan.

La sceneggiatura di Santiago Moncada, grande firma del cinema iberico (il western Condenados a vivir [1972] di Joaquin Luis Romero Marchent con Robert Hundar ed Emma Cohen, fortemente virato verso l'horror) e le splendide interpretazioni di Renaud Verley (Il Caso Venere Privata [1970] di Yves Boisset, da Scerbanenco, La Caduta Degli Dei [1969] di Luchino Visconti) e Viveca Lindfors, che non ha o almeno non avrebbe bisogno di presentazione alcuna, garantiscono una elevata quota di follia e drammaticità, per cui la sensazione di trovarsi di fronte ad una delle opere più oscure, cupe, nichiliste degli anni settanta si fa certezza. Un pozzo nero.

Da vedere ad ogni costo. Dvd della Pathfinder del 2005, NTSC, anamorphic widescreen, mancante di alcune scene e dialoghi per un totale di due minuti, nella parte centrale, dalla scena di ballo tra Juan/John ed Esther e nel dialogo in giardino immediatamente successivo.


Originariamente pubblicato il 7 maggio 2012 su "Le Recensioni di Robydick".

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giovedì 7 ottobre 2021

Humongous (1982)



Comincia bene, molto bene questo Humongous di Paul Lynch. Atmosfera idilliaca e musica rétro. Una festa su un'isola infarcita di romanticume. Non può che finire male. Labour Day, anno di grazia 1946. La giovane Ida Parsons (Shay Garner) è fuori, lontano dai festeggiamenti. Vuole rimanere vicino al recinto dove sono custoditi i suoi amati cani. Ad un certo punto arriva un uomo, ubriaco (Page Fletcher). Le offre da bere, lei rifiuta. Lui insiste ed allora Ida fugge. L'ubriaco, Tom Rice, la raggiunge e comincia a maltrattarla, rinfacciandole di essere una smorfiosa, stupida figlia di papà. La getta a terra e le strappa i vestiti. Lynch non mostra quasi nulla, ma la scena è efficace, giocata com'è tutta su i primi piani dello stupratore e  le riprese alternate dei cani inferociti che tentano di scavalcare il recinto. La violenza termina, la macchina da presa rimane fissa sul volto dell'assalitore, con le urla disperate di Ida in sottofondo. Nel frattempo, uno dei cani, un pastore tedesco, riesce ad uscire dalla gabbia ed assale Tom Rice, massacrandolo sotto gli occhi di Ida, che lo finisce con un pezzo di legno mentre l'uomo rantola con il sangue alla bocca. 

Il resto è facilmente riassumibile. Siamo in pieno attacco dei cloni jasoniani e da qualche parte il buon Lynch deve andare pur a parare. Dopo gli ottimi ed evocativi titoli di testa (che mostrano le foto di Ida con la famiglia e i suoi cani) la pellicola fa un salto di 36 anni e si concentra su di un gruppo di giovani in viaggio su una barca. Naturalmente, l'imbarcazione esploderà proprio in prossimità dell'isola dove Ida abitava con il padre. I giovani naufraghi si ritroveranno braccati da un gigante demente (frutto ovviamente della violenza subita da Ida) malato di acromegalia che farà strage di (quasi) tutti i giovani. 

Si respira aria di Venerdì 13, ma anche e soprattutto del non dimenticato Antropophagus di Massaccesi; certo dove Aristide calca(va) la mano sul morboso e il malsano, Lynch risolve concentrandosi sull'atmosfera minacciosa e su qualche programmatico spavento telefonato, vedi i vari cadaveri ritrovati dai ragazzi, il che non è necessariamente un male, ma rischia di far "sedere" la pellicola e renderla monocorde anzichenò. Difetti riscontrabili in una valanga di slasher coevi. Del resto il vecchio Lynch (Paul, che gli appassionati conosceranno senza meno, essendo pure il regista di un cult più o meno riconosciuto come Prom Night) non è che sia mai stato un talentaccio, ma, come si usa dire, "un onesto artigiano di genere", per taluni un complimento, per altri un marchio di infamia. Humongous, per chi scrive, rimane la sua opera migliore (insieme a Bullies, [1986] solido rape and revenge) cupa e dotata di una vena malinconica che di solito non ci si aspetterebbe da un prodotto di questo tipo. Gli amanti dello slasher comunque potranno apprezzare, almeno per spirito filologico, gli altri, credo proprio di no. 

Le copie disponibili prima del DVD Scorpion per la serie Katarina's Nightmare Theater, NTSC, All Region, ratio 1.77:1, risultavano troppo "scure" per cui il nuovo transfer rende finalmente giustizia (più o meno) al lavoro del direttore della fotografia  Brian R.R. Hebb e restituisce la versione uncut della pellicola con la scena dello stupro integra. Il recente Blu-ray Scorpion Releasing del 2017, Region A-B, 1.85:1 chiude il cerchio offrendo forse la versione definitiva del film di Lynch con i due cut della pellicola Theatrical Cut (92:33) e Unrated Cut (93:42) e una qualità audio/video certo non perfetta (a causa della diversa provenienza delle fonti) ma comunque accettabile, almeno per il sottoscritto che apprezza molto il parto di Lynch.

Extra del Blu-ray SR:

"Katarina's Nightmare Theater" (3:49) with Katarina Leigh Waters

Commentary features Paul Lynch and William Gray

Interview (21:37) with David Wallace

Theatrical Trailer (1:14)

Thanks to DVD Talk


Originariamente pubblicato il 14/07/2012 su "Le Recensioni di Robydick"


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